Implantologia: non tutti gli impianti sono uguali. Facciamo chiarezza.
Ormai quotidianamente sentiamo parlare di implantologia: alla radio, in televisione o semplicemente da conoscenti ed amici. Spesso però, le informazioni che riceviamo sono incomplete, o, peggio, errate. Ciò genera non poca confusione. Cerchiamo di fare chiarezza. L’impianto è un dispositivo medico che per la sua forma ricorda una “vite”, il quale viene inserito nell’osso a sostituire la radice dell’elemento dentario mancante.
Un impianto singolo può essere impiegato per sostituire un solo elemento dentario, due impianti possono essere utilizzati per sostituire 3 elementi dentari mancanti (realizzando un ponte), mentre, in caso di mancanza di tutti gli elementi dentari, possono essere impiegati dai 4 impianti in su come ancoraggio per protesi totali.
Gli impianti più frequentemente utilizzati sono detti bifasici e, come il nome stesso ci suggerisce, richiedono 2 fasi:
Un appuntamento sarà dedicato al posizionamento della vite implantare: inserito l’impianto, la gengiva viene suturata ermeticamente, pertanto l’impianto viene sommerso affinchè possa integrarsi con l’osso al riparo da qualsiasi sollecitazione meccanica.
Ad osteointegrazione avvenuta, si fisserà un secondo appuntamento, nel quale, accederemo all’impianto per posizionarvi un piccolo “tappo” che emerge per pochi millimetri dalla gengiva ed ha la funzione di “modellarla” in maniera tale che questa acquisisca la forma idonea ad accogliere la corona dentale. Infine si prenderà una impronta dalla quale realizzeremo la protesi che verrà cementata. Prima ancora però (circa una settimana dopo il posizionamento del tappo di guarigione) proveremo il moncone protesico che è quell’elemento che media la connessione tra l’impianto e la corona.
Ciò di cui non si parla poco e può fare sicuramente la differenza nella durata di una protesi su impianti, è la sistematica di connessione tra la vite implantare ed moncone, cioè, come questi due elementi sono collegati. Da questo punto di vista, gli impianti non sono tutti uguali. Esistono 4 tipologie di connessione:
- Cementata. Del cemento collega il moncone all’impianto. La più antica, soggetta a solubilizzazione del cemento con decementazione continua del moncone
- Avvitata. Una vite passante collega il moncone all’impianto. Consente dei micromovimenti del moncone rispetto alla vite e questo provoca: maggiore infiltrazione batterica (con abbassamento del livello dell’osso perimplantare); tendenza allo svitamento della vite di collegamento e, nel tempo, perdita della sua filettatura o frattura della stessa o addirittura dell’impianto. Nei casi peggiori anche la parte cava dell’impianto può perdere la propria filettatura e ciò renderà l’impianto inutilizzabile.
- Conica. Questa è la tipologia impiegata nel nostro studio. La connessione tra impianto e moncone avviene mediante saldatura a freddo di 2 superfici complementrari: cono (sul moncone) controcono (nell’impianto). Ciò ci consente di ottenere:
- Sigillo impermeabile ai batteri
- Elevata stabilità meccanica
- Accoppiamento del moncone protesico in totale assenza di micro-movimenti
- Stabilità dei tessuti duri e molli nel lungo termine
- Nessuna possibilità di svitamento del pilastro protesico
- Connessione protesica universale
La connessione conica e antirotazionale, rappresenta quindi LA PUNTA PIU’ AVANZATA attualmente disponibile in campo implanto-protesico, garantendo una stabilità senza precedenti tra l’impianto e il moncone protesico.
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